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La lettura del Corsera: quando la cultura fa politica. O viceversa?

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Come è noto il Corsera è stato uno degli sponsor, se non uno dei maggiori azionisti diretti del governo Monti. In contemporanea il giornale proponeva un inserto culturale, «La Lettura», molto corposo e ben fatto. Vediamo alcuni titoli del n. 2 uscito domenica 20 novembre che forse ci raccontano più di tanti editoriali politici sullo scontro politico e sociale in atto. A pagina 4, nella sezione «Il dibattito delle idee», troviamo l’articolo «Il capitalismo è immortale ( e gli indignati sono degli illusi)», sopratitolo: «nostalgici marxisti e giovani arrabbiati sbagliano: l’unico futuro è in una economia di mercato. Più libertaria», autore Michel Onfray, filosofo francese sedicente libertario. Subito dopo alla pagina 5 titolo «Cari No Tav, il treno è un buon diavolo», sottotitolo «I reazionari temono la locomotiva perché apre le culture che si chiudono» firma Pigi Battista, e così fianco a fianco vengono sistemati e bacchettati il movimento Occupy Wall Street e i No Tav.

Potrebbe bastare forse, ma no, e a pagina 7, sezione Orizzonti, Nuovi linguaggi, scienze, religioni, filosofie (la 6 è di pubblicità) compare «Einstein non twitta», sopratitolo «Ricerca. Internet accelera la diffusione delle scoperte, non le scoperte. I dubbi sul manifesto di Nielsen per democratizzare il sapere». E qui abbisogna qualche spiegazione, Michael Nielsen, un serio fisico che lavora a Los Alamos ed è membro del Working Group on Open Data in Science, ha pubblicato un libro Reinventing Discovery, edito dalla Princeton University Press, in cui propone una scienza più aperta e libera, se vogliamo più democratica che si avvalga del contributo largo di persone anche non direttamente ad alta e diretta specializzazione attraverso la rete. Ovviamente per Sandro Modeo, che firma l’articolo, questo non va bene, e la sua argomentazione sfiora l’insulto o il malcelato disprezzo (parla il nostro di cyber populismo, di mistica della trasparenza alla Assange, per non dire del passaggio in cui scrive: come tanti sociologi, Nielsen eccetera, col che i sociologi sembrano diventare la disgrazia della scienza, e Nielsen vien loro accomunato, pur essendo un ricercatore in fisica, con sottile o grossolana, decidete un po’ voi, direi malafede). Ed ecco che pure i ricercatori pubblicati dalla serissima e accademicamente togata Princeton University Press, finiscono nel tritacarne, quando rivendicano democrazia e propongono nuova scienza.

Andiamo avanti, pagina 8, non possono mancare i social network, quelli che propagano insane rivoluzioni, occupazioni, dissenso e quant’altro turbi l’ordine del Corrierone. Titolo «La Rete spiega tutto (tranne se stessa)», sopratitolo «Dalle crisi alle proteste il concetto di Network è l’unico capace di interpretare la realtà. Ma è un sistema opaco che ne nasconde le entità e i processi. Come insegna Facebook». Ma una seria politica di conservazione dell’ordine costituito abbisogna di referenti filosofici, e cosa di meglio che scoprire, disvelare “Il debito di Kant con la Bibbia” prendendosela con l’Illuminismo, che come è ben noto, fu l’inizio di tutte le turbolenze rivoluzionarie, a cominciare dalla “ maledetta” Rivoluzione francese, e infatti sottotitolo «Il filosofo tedesco è considerato il punto più alto dell’Illuminismo. Ma la sua produzione è ricca di riferimenti ai testi sacri. A cominciare da S. Paolo», che fu fulminato dalla grazia divina, divenendo l’artefice forse principale della diffusione del cristianesimo e del suo operare nel mondo come forza civile e politica. Con corredo di un ricco grafo che dovrebbe anche visivamente confortare la tesi. E siamo in dirittura d’arrivo col colpo finale, quello del KO.

Dopo Kant che non era illuminista ma paolino, ecco la scienza, lo scienziato serio e non certo farfallone utopista o parasociologo come Nielsen, cioè Edoardo Boncinelli, titolo: «Ecco perché il libero arbitrio non è libero». Sopratitolo «Una serie di esperimenti sul cervello umano ha portato i neuroscienziati a mettere in discussione una delle grandi verità su cui è fondata la nostra vita quotidiana: la facoltà autonoma di volere e di decidere. Come individui e come collettivo». Così se non c’è, per scientifico decreto, la libertà individuale e neppure collettiva, quelli di Occupy Wall Street sono o matti o comunque devianti eccetera, ovvero il cerchio si chiude, e l’ordine attuale è l’unico ordine possibile, stabilito da Dio, o dal suo portavoce, Paolo di Tarso, dal capitale “immortale”, e se non vi basta, dalla natura che ci vuole senza libero arbitrio, cioè programmati in modo deterministico dalla nascita alla morte. E anche come specie, si suppone, ricongiungendosi così al darwinismo sociale, base pseudoscientifica della politica di destra e liberista prima negli USA, dove il campo da gioco diventa essenzialmente il mercato e il meccanismo di evoluzione sociale diventa la competizione, mentre la cooperazione tra gli umani viene assunta come un residuo del passato, precedente lo splendido salto evolutivo del libero mercato globale.

Modello che poi si è cercato e si cerca di esportare nel mondo. Per esempio con l’attuale gestione della crisi economica e del debito, per distruggere lo stato delle libertà e dei diritti sociali, civili e politici in Europa. Infine due osservazioni. Primo. La proposta culturale e ideologica presente nel numero 2 di «La Lettura» non è becera, anzi, per la qualità e/o la fama degli autori così come per i temi e le argomentazioni proposte, nonché per la capacità di organizzazione dei singoli contributi in un discorso coerente, indica la presenza di un pensiero forte soggiacente, con assunzione di responsabilità e di lotta ideologica dentro il panorama culturale e scientifico italiano (ma è vero anche altrove). Secondo. La borghesia, in particolare quella finanziaria e delle professioni, con il governo Monti per un verso e con operazioni culturali come quella che esemplifica il numero 2 di «La Lettura», si ripropone a tutto tondo classe dominante e egemone nella formazione di una intellettualità nazionale ed europea conservatrice se non reazionaria, avendo capito il nodo stretto che accomuna la scienza alla democrazia, e il suo potenziale di liberazione dall’ordine potenzialmente totalitario dei mercati, e dall’imperio del profitto.

 


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